Nei testi del Concilio Vaticano II troviamo numerose affermazioni apertamente contrarie alla dottrina cattolica o altre fortemente ambigue, scritte per ingannare coloro che pensano che esso sia in continuità con la sana dottrina cattolica. Ed è per questo che è necessario mostrarne gli errori e le ambiguità per permettere, in questi tempi difficili, di continuare a professare la fede che la Chiesa ha sempre insegnato.
La vulgata ufficiale vuole, da più di mezzo secolo, che il Concilio non abbia nulla a che vedere con la crisi spaventosa della Chiesa, esplosa quasi contestualmente ad esso e che ancora gravemente ci affligge. In questi ultimi anni, tuttavia, si sono aperte delle crepe nel muro alzato dai modernisti per difendere i loro errori: diversi sacerdoti, soprattutto giovani, hanno scoperto la bellezza del Rito Romano Antico e dell’autentica dottrina cattolica e autorevoli voci si sono levate a contestare la falsa immagine di un Concilio che ha iniziato una “nuova primavera” nella storia della Chiesa.
Il testo scritto da “Canonicus” è stato ispirato soprattutto dall’esemplare critica alle deviazioni conciliari e postconciliari elaborata da Mons. Francesco Spadafora e da Romano Amerio, oltre che dai puntuali interventi di Mons. Marcel Lefebvre, ed è apparso la prima volta su “Sì sì no no”, il quindicinale antimodernista fondato da don Francesco Putti, votato senza compromessi alla difesa della dottrina della Chiesa di sempre.